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Diversi tempi verbali

Coniuga i verbi tra parentesi nei tempi verbali che ritieni più adatti.

1) Quando tu e tuo marito (andare) al mare l'estate scorsa, (trovare) bel tempo?
2) Stasera, quanto tu (tornare) a casa, io (rientrare) già da tempo.
3) Marcello disse a Claudio che quel giorno non (sentirsi) bene perché il giorno prima (fare) bisboccia con i suoi amici.
4) Anche se sua madre lo (educare) bene, Piero non (sapere) mai dimostrarlo e si comportò sempre in modo sgradevole.
5) Adesso io (sapere) bene che (essere) ancora innamorato di te.

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Il contesto

Coniuga i verbi tra parentesi, scegliendo tra indicativo passato remoto, imperfetto e trapassato prossimo, condizionale composto, congiuntivo trapassato. Il brano è l’inizio del romanzo di Leonardo Sciascia, Il contesto.

Il Procuratore Verga (essere) impegnato nel processo Reis, che (durare) da circa un mese e (trascinarsi) almeno per altri due, quando in una dolcissima sera di maggio, dopo le dieci e non oltre la mezzanotte secondo testimonianze e necroscopia, lo (ammazzare) . Le testimonianze, in verità, non (coincidere) strettamente coi risultati della necroscopia: il medico legale (tirare) verso la mezzanotte il momento del decesso, mentre gli amici coi quali il procuratore, uomo di rigide abitudini, (usare) intrattenersi ogni sera, e coi quali si era anche quella sera intrattenuto, (affermare) che alle dieci, minuto più minuto meno, li (lasciare) . E poiché non (impiegare) , a piedi, più di dieci minuti per arrivare a casa, (restare) il vuoto di almeno un'ora, e da scoprire dove e come il procuratore (passare) quell'ora.

(da Leonardo Sciascia, Il contesto, Adelphi, 2006, p. 11)

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La Contestazione

Coniuga i verbi tra parentesi scegliendo tra indicativo imperfetto, passato remoto, trapassato prossimo, congiuntivo imperfetto, infinito semplice, participio passato, in forma attiva o passiva.

La seconda metà degli anni Sessanta (caratterizzare) da profondi mutamenti nella vita politica italiana: ormai in crisi il centro-sinistra e dimostratesi illusorie le speranze che questa novità politica (potere) incidere a fondo nella società e nell'economia, (prendere) corpo, soprattutto a cominciare dall'autunno 1967, un nuovo protagonismo di base che (porsi) come obiettivo un radicale cambiamento della società. Tale movimento non (eguagliare) per dirompenza e forza rivoluzionaria quello francese, ma per alcuni aspetti lo (anticipare) e gli (sopravvivere) più a lungo; soprattutto, nel nostro paese il fenomeno della contestazione (caratterizzarsi) non solo come momento di critica nei confronti del sistema capitalistico e consumistico che (rafforzarsi) e diffuso dagli anni Cinquanta in poi, ma anche come contrapposizione alle culture imperanti nella società italiana: quella marxista, (incarnare) dal PCI e (criticare) per la sua subordinazione al modello sovietico e per la sua scarsa radicalità politica, e quella cattolica, rea di non (compiere) una definitiva scelta a favore dei più poveri.

(da G. Vecchio - D. Saresella - P. Trionfini, Storia dell'Italia contemporanea. Dalla II guerra mondiale al Duemila, Monduzzi, 2002, p. 382)

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Museo della mente

Coniuga i verbi al tempo verbale che ritieni più opportuno, scegliendo tra indicativo presente e passato prossimo, infinito e participio, in forma attiva e passiva.

Il Museo Laboratorio della Mente, (inaugurare) nel 2000, (ripercorrere) la storia dell’Ospedale Santa Maria della Pietà, dalla sua fondazione in qualità di “Hospitale de’poveri forestieri et pazzi dell’Alma Città di Roma” alla definitiva chiusura nel 1999, cinque secoli dopo, come ospedale psichiatrico.
Un itinerario immersivo narrativo attraverso le memorie del manicomio, per una lettura dell’alterità, delle sue forme e dei suoi linguaggi, per (combattere) lo stigma e (promuovere) la salute mentale.
L’originale percorso di visita ((coadiuvare) dall’Archivio storico-audivisivo e dalla Biblioteca Cencelli del Santa Maria della Pietà) (articolare) come cartografia storica delle prassi istituzionali e delle pratiche anti-istituzionali, come un doppio e continuo processo dialettico di decostruzione della geografia delle costrizioni spaziali, fisiche, psicologiche, sociali e di ricostruzione della soggettività: un’esperienza soggettiva che (generarsi) nell’attraversamento degli spazi manicomiali e nell’apparire inatteso delle storie (rievocare) .

(da www.museodellamente.it)

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Dialetti d’Italia

Completa questa intervista al Prof. Gian Luigi Beccaria, coniugando i verbi tra parentesi, in tutti i modi e i tempi possibili.

Lingua o dialetti?

In Italia da molti anni (essere) in corso un acceso dibattito fra i fautori dei dialetti e chi li (avversare) . Diciamo subito che dal punto di vista linguistico i dialetti italiani e la lingua nazionale (essere) sullo stesso piano: entrambi hanno avuto la stessa ’nobile’ origine, cioè il latino. Non è vero che i dialetti sono una corruzione dell’italiano. È vero invece che italiano e dialetti (avere) un diverso ruolo sociolinguistico: il primo è la lingua della comunicazione all’interno della Repubblica Italiana (e della Repubblica di San Marino e nel Canton Ticino elvetico); i secondi hanno uso più limitato, in qualche caso (limitarsi) all’uso familiare.

Perché il toscano ha avuto più fortuna?

Perché ragioni culturali, storiche, economiche ecc. (fare) sì che la formidabile produzione letteraria del Trecento (Dante, Petrarca e Boccaccio) sviluppatasi in Toscana (diffondere) in gran parte della Penisola. Così autori non toscani quali il napoletano Sannazzaro e l’emiliano Boiardo (scrivere) in toscano.

Poteva andare diversamente?

Probabilmente sì. Se, ad esempio, la stessa sorte (toccare) alla Scuola poetica siciliana (sec. XII), noi oggi forse parleremmo una lingua con caratteristiche siciliane. Ma è un gioco della fantasia!

Allora non si è trattato di un’imposizione?

A differenza di ciò che (accadere) in Francia o in Inghilterra l’italiano (diffondersi) senza l’appoggio di un apparato statale fino almeno all’unità d’Italia. Del resto i precedenti interventi dei vari stati italiani (tendere) a operare scelte politiche nell’ambito amministrativo con scarsissima incidenza sulla popolazione quasi completamente analfabeta (l’80% circa al momento della formazione dello Stato unitario).

Si può dire che il piemontese, il marchigiano, il napoletano ecc. sono lingue?

Sì e no per le ragioni anzidette. Bisogna tuttavia (tenere) presente che chi oggi sostiene tale affermazione lo (fare) come reazione a un periodo di grande disprezzo per i dialetti a tal punto che aborrisce l’uso dello stesso termine "dialetto". È significativo che anche nell’ambito del linguaggio ufficiale dell’Unione Europea si (parlare) esclusivamente di lingue minoritarie, meno diffuse, regionali ecc.

Qual è l’origine dei dialetti italiani?

Con la conquista romana il latino si è diffuso in mezza Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo sovrapponendosi alle lingue parlate in precedenza da quelle popolazioni. Dalla commistione di questi elementi e da quelli derivanti dalle successive invasioni barbariche (generarsi) i vari dialetti d’Italia. Altre teorie più recenti sostengono che il padre di tutti i dialetti non (essere) il latino della romanizzazione ma il latino parlato prima di Roma durante un fase di latinizzazione verificatasi nelle regioni in cui i latini e altri popoli italici (soggiornare) prima di fermarsi nelle zone che storicamente conosciamo. Ciò (confermare) dalle grandi aree dialettali attuali che coincidono con frontiere di antiche culture dell’Italia preistorica, come è dimostrabile con dati linguistici e archeologici.

Ma tutti i dialetti italiani hanno come antenato il latino?

No. I dialetti tedeschi di alcuni comuni attorno al Monte Rosa (alemanni) di tredici comuni veronesi e di sette vicentini (cimbri), di alcuni comuni friulani (carinziani), dei sud-tirolesi, dei mocheni (bavaresi) e così i dialetti sloveni del Friuli Venezia Giulia, quelli croati del Molise, quelli grecanici (o grichi) del Salento e dell’estremità meridionale della Calabria e quelli albanesi (diffondere) in gran parte dell’Italia centro meridionale e in Sicilia hanno padri diversi dal latino.

Quali sono i gruppi in cui si suddividono i dialetti italiani?

Una prima grande suddivisione è quella che, seguendo la linea La Spezia-Rimini (separare) i dialetti settentrionali da quelli centro meridionali: i primi infatti appartengono alla Romània occidentale, i secondi alla Romània orientale, l’altra grande distinzione che (interessare) l’Europa latinizzata. Nell’Italia settentrionale (procedere) da ovest verso est si hanno i dialetti gallo-romanzi (occitani e francoprovenzali), i dialetti gallo-italici (piemontese, lombardo, ligure, emiliano, romagnolo), veneti, ladini, friulani, toscani, centro-meridionali (umbro, marchigiano, abruzzese, molisano, pugliese, campano, lucano, salentino, calabrese, siciliano) e il sardo.

(da www.atlantelinguistico.it)

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Il musicista invidioso – Dino Buzzati

Coniuga i verbi tra parentesi usando indicativo imperfetto e passato remoto, congiuntivo imperfetto, gerundio semplice, forma attiva e forma passiva. Presta attenzione alle maiuscole.

Il compositore Augusto Gorgia, uomo invidiosissimo, già al colmo della fama e dell’età, una sera, (passeggiare) da solo nel quartiere, (udire) un suono di pianoforte uscire da un grande casamento.
Augusto Gorgia (fermarsi) . (Essere) una musica moderna però diversa dal tipo che (fare) lui o da quella che (fare) i colleghi; di simile non ne aveva mai sentita. Non si (potere) neppur dire, lì per lì, se (essere) seria o leggera; pur ricordando certe canzoni popolari per una sua trivialità, (contenere) un amaro sprezzo, e (sembrare) quasi che (scherzare) benché nel fondo si (avvertire) una convinzione appassionata. Ma soprattutto Gorgia (colpire) dal linguaggio, il quale (essere) libero dalle vecchie leggi armoniche, spesso stridulo e arrogante, e nello stesso tempo riusciva a una massima evidenza. La (caratterizzare) inoltre un bello slancio, giovanile levità, senza alcuna traccia di fatica. Ma ben presto il piano (tacere) e inutilmente Gorgia (continuare) a passeggiare nella via (aspettare) che (ricominciare) .

(da Dino Buzzati, Il musicista invidioso)

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Intervista a Mario Capecchi

Completa la seguente intervista a Mario Capecchi, premio Nobel per la Medicina nel 2007, coniugando i verbi nei modi e nei tempi adeguati.

Perché ha scelto i topi?
Il genoma murino (essere) al 99,9% simile a quello umano e quindi se modifichiamo un determinato gene in un topo, (aspettarsi) che l'effetto osservato (rispecchiare) quello che avverrebbe nell'uomo. Perciò possiamo arrivare a capire la funzione del gene non solo nei topi ma anche negli esseri umani e questo (valere) sia per i geni che coinvolgono la fisiologia che per quelli relativi ai comportamenti.

Però il cervello dei topi è diverso dal nostro.
E' vero, è diverso in alcuni aspetti, (essere) molto più piccolo e quindi non ci aspettiamo che (essere) intelligente come noi. Ma per molti comportamenti innati, quindi già codificati nel DNA (come ad esempio (avere) paura, fame e il fatto di pulirsi) ci aspettiamo che topi e umani (essere) identici.

Riguardo la paura, i topi sono molto pavidi di natura.
Sì, è vero e (essere) anche attivi soprattutto di notte. Ma anche noi dobbiamo essere in grado di valutare un pericolo e prendere la decisione di fuggire o di affrontarlo. Dobbiamo capire quando (avere) fame o sete e provvedere di conseguenza. E dobbiamo anche pulirci, un'attività che (condividere) da tutti gli organismi.

Ma come si fa a capire se un topo ha disturbi psichici osservando i suoi comportamenti?
(Esistere) già alcuni test comportamentali per valutare, appunto, i comportamenti, ma credo che (essere) necessario svilupparne di nuovi. Esistono già altri mezzi per gli esseri umani. Ad esempio, si può praticare l'analisi dell'imaging funzionale. Si può osservare il cervello, (vedere) quali aree sono attive e quali inattive in reazione alla vista di una certa immagine o a certe attività. In futuro, speriamo di poter ottenere e interpretare i risultati dell'imaging sul cervello del topo e a partire da lì, trarne inferenze su che cosa (stare) pensando il topo.

Lei sta pensando di mettere i topi in una macchina per l'imaging?
Sì, per la RMI o nello scanner per la tomografia assiale, fare una risonanza magnetica funzionale insomma, osservare quali aree cerebrali (avere) un'attività elevata nel topo, paragonarle con le configurazioni cerebrali che osserviamo negli esseri umani e dedurne quello che (succedere) nel cervello del topo.

Nei topi l'attività cerebrale (produrre) una cascata di reazioni chimiche.
Sì infatti possiamo anche fare ricerca sui neurotrasmettori, sui neurorecettori. Tutte le analisi biochimiche si possono fare sia per i cervelli dei topi che per quelli umani.

Ma lei è un genetista e quindi penso che (occuparsi) della componente genetica dei problemi psichici dei topi.
Sì, solo che recentemente ci stiamo concentrando di più sul comportamento, e anche sullo sviluppo cerebrale perché penso che le due cose siano collegate. Secondo la mia opinione, risulterà che le funzioni cerebrali (dipendere) da come si è formato il cervello.

Però se io sono depressa, posso dirglielo, ma un topo non può parlare.
Giusto, gli esseri umani possono parlare, valutare attraverso la comunicazione quali sentimenti o emozioni provano, mentre con i topi no. Tuttavia sono sicuro che anche i topi (potere) soffrire di depressione. La depressione è molto diffusa tra gli uomini, circa il 15% delle persone soffre a un certo punto di depressione acuta. Ma negli uomini e nei topi, ci sono sintomi in comune, come l'inattività. Con la depressione, le attività alle quali (dedicarsi) una persona/un topo di solito (diminuire) palesemente. Così possiamo utilizzare un indice di attività per misurare se un topo è depresso o no. E ci sono altri sintomi comuni alle due specie che ci possono servire per fare correlazioni.

I topi di laboratorio però sono allevati per essere tutti uguali, mentre il cervello umano ha una complessità individuale e cambia con l'ambiente. Questa non è una difficoltà per le due ricerche?
Esatto. Abbiamo ceppi di topi tutti imparentati, molto definiti. Anche io penso che (esserci) una grande interazione tra ambiente esterno e i geni di cui siamo portatori. Però, (studiare) due gemelli umani omozigoti cresciuti in ambienti diversi, si scopre che hanno preferenze comuni non solo per certi colori, ma anche per certi modelli e persino in politica, e (comportarsi) in modo molto simile. Per questo credo che nel comportamento ci sia una fortissima componente genetica ed è questo che dobbiamo scoprire.

(da www.molecularlab.it)

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Sette piani – Dino Buzzati

Coniuga i verbi usando indicativo imperfetto, passato remoto e trapassato prossimo, congiuntivo imperfetto, gerundio semplice, forma attiva e forma passiva. Presta attenzione alle maiuscole.

Dopo un giorno di viaggio in treno, Giuseppe Corte (arrivare) , una mattina di marzo, alla città dove (esserci) la famosa casa di cura. (Avere) un po' di febbre, ma (volere) fare ugualmente a piedi la strada fra la stazione e l'ospedale, (portarsi) la sua valigetta.
Benché (avere) soltanto una leggerissima forma incipiente, Giuseppe Corte era stato consigliato di (rivolgersi) al celebre sanatorio, dove non si (curare) che quell'unica malattia. Ciò (garantire) un'eccezionale competenza nei medici e la più razionale ed efficace sistemazione d'impianti.
Quando lo (scorgere) da lontano - e lo (riconoscere) per averne già visto la fotografia in una circolare pubblicitaria - Giuseppe Corte (avere) un'ottima impressione. Il bianco edificio a sette piani (solcare) da regolari rientranze che gli (dare) una fisonomia vaga d'albergo.Tutt'attorno (essere) una cinta di alti alberi.
Dopo una sommaria visita medica, in attesa di un esame più accurato Giuseppe Corte (mettere) in una gaia camera del settimo ed ultimo piano. I mobili (essere) chiari e lindi come la tappezzeria, le poltrone (essere) di legno, i cuscini rivestiti di policrome stoffe. La vista (spaziare) su uno dei più bei quartieri della città. Tutto (essere) tranquillo, ospitale e rassicurante.

(da Dino Buzzati, Sette piani)

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Il barone rampante – Italo Calvino

Coniuga i verbi usando indicativo presente, passato remoto, imperfetto, trapassato prossimo, congiuntivo imperfetto. Presta attenzione alle maiuscole.

(essere) il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, (sedere) per l’ultima volta in mezzo a noi. (ricordare, io) come (essere) oggi. (essere, noi) nella sala da pranzo della nostra villa d’Ombrosa, le finestre (inquadrare) i folti rami del grande elce del parco. (essere) mezzogiorno, e la nostra famiglia per vecchia tradizione (sedere) a tavola a quell’ora, nonostante (essere) già invalsa tra i nobili la moda, venuta dalla poco mattiniera Corte di Francia, d’andare a desinare a metà del pomeriggio. (tirare) vento dal mare, ricordo, e (muoversi) le foglie. Cosimo (dire) : - Ho detto che non voglio e non voglio! - e (respingere) il piatto di lumache. Mai (vedere) disubbidienza più grave.

(da Italo Calvino, Il barone rampante)

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San Patrizio e la croce celtica

Coniuga i seguenti verbi, scegliendo tra indicativo imperfetto, trapassato prossimo, passato remoto e infinito.

aggiungere  avere  cercare  combinare  conoscere
dimenticare  evangelizzare  facilitare  tornare  vivere

S. Patrizio la lingua e la cultura irlandese grazie al periodo di schiavitù che su Slemish Mountain.

Quando da Roma, l’apostolo in Irlanda per il paese, la sua missione successo perché egli non mai di far ai Celti del luogo le loro credenze, anzi, cercò in ogni modo di la nuova fede cristiana con la loro simbologia.

Un esempio, secondo la leggenda, è la Croce Celtica: S. Patrizio il sole, potente simbolo celtico, alla croce cristiana, per l’assimilazione di tale icona.

(da www.irlandando.it)

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